New York City Marathon… un sogno che diventa realtà

03.11.2019

I Felicitatori e il Sente-Mente® modello alla conquista dell’America.

Per molti, correre la maratona di New York è un po’ come inseguire il sogno americano, fatto di slogan motivazionali e di successi personali che possono sembrare alieni alla nostra cultura italiana. Ma la maratona è anche scuola di vita, e disciplina. È conoscenza dei propri limiti e della voglia di superarli; a volte non è essere primi, ma esserci, in modo consapevole, con il cuore, la testa ed il corpo.

Lo scorso 3 Novembre, alcuni felicitatori del Sente-Mente® modello hanno corso la Maratona di New York. Si sono messi in gioco correndo non solo per una causa, ma per dimostrare in prima persona che, nonostante la vita ci ponga di fronte a sfide molto impegnative, queste possono essere affrontate da tutti, con il giusto allenamento.

Non si tratta di corridori professionisti, ma di esponenti del mondo socio sanitario (fra loro anche un direttore di struttura) che, con la loro impresa, hanno portato al mondo il messaggio: #lavitanonfinisceconladiagnosi. L’hashtag (#) riportato sia sulle loro magliette che sui social network serve ad indicizzare informazioni, ma intende soprattutto contribuire alla creazione di un nuovo tipo di cultura nel mondo socio-sanitario, che parli non solo di dignità della vita da preservare fino all’ultimo respiro, ma sposti il focus dalla malattia alla persona, riconoscendone non solo le necessità, ma soprattutto i desideri, le emozioni e le esigenze.

La sfida dei felicitatori, in questo caso, non è stata solo quella con loro stessi, portando a termine la maratona, ma anche quella di diffondere anche negli Stati Uniti un nuovo e innovativo modello socio-sanitario italiano. Un metodo basato su evidenze e studi scientifici capace di fornire nuove idee ed azioni concrete per aiutare e, soprattutto, allenare tutti coloro i quali, a vario titolo, si trovano ad affrontare il compito impegnativo di prendersi cura delle persone che convivono con la demenza.

Proprio dagli USA si sono levate per prime le voci di queste persone. Spesso relegate al solo ruolo di pazienti da assistere, quasi scomparendo per gli altri fin dal giorno dopo la formulazione della diagnosi, hanno iniziato a parlare e farsi avanti, chiedendo di essere ascoltate, non essere dimenticate in un angolo ma riconosciute in primo luogo come persone.

Una di queste persone è Harry Urban; abita in Pennsylvania, convive con la demenza da anni, ed ha fatto dell’aiuto agli altri la sua ragione di vita. È impegnato a creare attorno a coloro che convivono con la demenza non solo strutture e ambienti, ma intere comunità capaci di riconoscerne le esigenze e i desideri e di far loro vivere una vita piena di significato, fino all’ultimo respiro. Grazie a lui, negli scorsi anni sono già state organizzate negli Stati Uniti alcune iniziative secondo il Sente-Mente® modello. Quest’anno, prima della maratona,Letizia Espanoli, creatrice del modello Sente-Mente® si è recata in Pennsylvania non solo per incontrarlo nuovamente, ma per creare, con i direttori di alcune strutture sanitarie locali visitate assieme a lui, interessanti opportunità di collaborazione.

Allo studio la possibilità di formare operatori americani secondo il modello Sente-Mente®: allenando cioè le persone e le organizzazioni socio-sanitarie ad uscire dallo stato di impotenza grazie ad un metodo scientifico capace di creare benessere. Perché, proprio come per la maratona, nulla è impossibile se si è capaci di affrontare con il giusto spirito le situazioni impegnative e ci si allena nel modo giusto.

Il carattere innovativo di questo modello sta proprio nell’individuazione e valorizzazione dell’essenza vitale racchiusa in ciascuna persona, nella possibilità di svelare la vita ancora possibile nonostante la malattia e il dolore.

Come si cambia una cultura? In questo caso non copiando ciò che viene dall’estero, ma integrando le diverse capacità di due culture per un fine comune. Ed è proprio con questo spirito di collaborazione che verranno, allo stesso modo, portate in Italia alcune iniziative nate in America.

Alla base, vi sono ancora le persone. Persone che fino ad un anno fa erano sedute sul divano, e che ora hanno completato la maratona. Persone che fino a poco tempo fa la scienza riteneva “perdute”, e che invece hanno il diritto di essere ascoltate e possono essere comprese fino all’ultimo istante grazie al ponte creato dalle emozioni e dal sentire le emozioni altrui. Persone che sappiano allenarsi ad essere ogni giorno la migliore versione di loro stesse e sostenere i più fragili, perché nessuno venga lasciato indietro.

Per i felicitatori, correre la maratona non è stato quindi inseguire il sogno americano, ma interagire con una cultura diversa cogliendo l’opportunità di fare cultura assieme. Per creare una squadra vincente.

 

Anna Gaburri

Anna Gaburri

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